L’estate è da poco conclusa e sappiamo bene che è la stagione più calda, non solo per le temperature, ma anche per il prezzo della benzina. Nel periodo in cui gli italiani si mettono in moto per le vacanze, da giugno a settembre, il costo di benzina, diesel e gasolio tende solitamente a salire. Piccoli ritocchi che vanno a incidere su un prezzo già di per sé alto e dove la tassazione ha un peso in Italia assai elevato.
Il prezzo del petrolio è influenzato anche da fattori geo-politici, che sono difficilmente prevedibili, ma i ritocchi solitamente scattano in concomitanza della stagione estiva, nei fine settimana di esodo, quando le strade del Belpaese sono da “bollino nero”.
Il prezzo attuale della benzina è composto sostanzialmente da tre parti: il costo netto del combustibile, incluso il guadagno dei gestori delle pompe, le accise e l’imposta sul valore aggiunto (IVA). Ogni volta che introduciamo un litro di benzina nella nostra automobile, in pratica, paghiamo una cospicua quota di tasse, tra cui l’IVA e le famose accise, cioè il balzello che va allo Stato come imposta sui consumi.
Le accise pesano per più di un terzo e sono composte in buona parte da imposte di scopo, introdotte dai vari governi per raggiungere determinati obiettivi fissati nel tempo.
È quindi naturale chiedersi quale sarebbe il reale costo di benzina e diesel se non ci fossero le accise e l’IVA?
Il 27% del prezzo della benzina è determinato da “platts”, che è il prezzo all’ingrosso sul mercato internazionale, deciso dall’omonima agenzia specializzata con sede a Londra. Questa definisce il prezzo dei carburanti a livello internazionale. Sul prezzo del diesel il “platts” pesa poco di più (il 32%).
Il margine lordo, ossia i ricavi della filiera distributiva petrolifera, incide sul prezzo dei carburanti per una minima parte rispetto alle altre due voci: siamo attorno all’8% per la benzina e il 9% per il diesel.
In ultimo, ma non per importanza, c’è da considerare la abbondante fetta di tasse. Accise e Iva insieme coprono il restante 65% per la benzina e il 59% per il diesel, sul prezzo totale del carburante. Una bella fetta, insomma!
In definitiva, se non ci fossero le accise, la benzina e il diesel costerebbero insomma tra il 30 e il 40% in meno rispetto al prezzo che oggi paghiamo alla pompa.
Come dicevamo, una buona parte del costo del carburante è determinato da imposte e accise che neanche sappiamo di pagare, legate a fattori geo-politici, che affondano radici piuttosto lontane nel tempo: dalla guerra in Etiopia del 1935-1936 ai vari terremoti di Friuli, Irpinia, L’Aquila, fino a quello dell’Emilia nel 2012, passando per la guerra del Libano e il Decreto Salva Italia del 2011.
La prima tassa inserita si riferisce al 1935, poi via via negli anni si sono aggiunte altre accise, in percentuale più o meno piccola, per un totale di ben 17 accise, che alla fine si traducono per il consumatore in circa 50 centesimi per ogni litro di carburante acquistato, solo considerando le accise nazionali. Perché dal 1999 è stata data la possibilità anche alle regioni italiane di inserire delle proprie accise regionali, per obiettivi specifici.
Capite quanto del prezzo di benzina che noi paghiamo se ne va in tasse?
Alle accise e alle addizionali regionali si somma poi l’imposta di fabbricazione sui carburanti e l’IVA relativa del 22%. Il costo totale comprensivo di IVA (in quanto l’IVA si paga anche sulle accise) si attesta intorno a un euro.
Alla pompa di benzina, in definitiva, paghiamo tanto ma meno di quanto realmente crediamo per la materia prima, e se ogni volta che fai carburante ti sale un po’ di nervoso, è più che giustificato.
L’incidenza fiscale in Italia sul prezzo del carburante è la più elevata in Europa. Ci guadagniamo il primato con circa il 70% di ogni litro di carburante che viene assorbito solo dalle tasse (per l’esattezza il 69,8% al netto delle accise regionali). Ebbene, si tratta del tasso più alto in Europa, di un punto sopra la media europea. Un primato di cui non andare troppo fieri e che pesa non poco sul nostro portafoglio di automobilisti.